martedì 28 dicembre 2004







 


 



 


 


"Se le cause non sono del tutto rimosse, la malattia può sempre ripetersi...


il processo d'insieme viene arrestato solo con la soppressione delle cause"


J. T. Kent (1849- 1916)


 




Sembrano parole scontate ma di fatto la medicina allopatica si allontana spesso da questo assunto basilare


per dedicarsi principalmente ad un approccio sintomatologico della malattia.





Notizie biografiche su James Tyler Kent:


 


http://www.homeoint.org/biograph/kentital.htm


 


 


 






martedì 21 dicembre 2004










 





 


 


 


[...] Abbiamo detto che le due porte zodiacali, le quali sono rispettivamente l’entrata e l’uscita della ‘caverna cosmica’, e che certe tradizioni denominano ‘porta degli uomini’ e ‘porta degli dèi’, devono corrispondere ai due solstizi; dobbiamo ora precisare che la prima corrisponde al solstizio d’estate, cioè al segno del Cancro, e la seconda al solstizio d’inverno, cioè al segno del Capricorno. Per comprenderne la ragione, occorre riferirsi alla divisione del ciclo annuale in due metà, una ‘ascendente’ e l’altra ‘discendente’ : la prima è il periodo del cammino del sole verso nord, che va dal solstizio d’inverno al solstizio d’estate; la seconda è quello del cammino del sole verso sud, che va dal solstizio d’estate al solstizio d’inverno. Nella tradizione indù, la fase ‘ascendente’ è messa in rapporto con il dêva-yâna, e la fase ‘discendente’ con il pitri-yâna, il che coincide esattamente con le designazioni delle due porte appena ricordate: la ‘porta degli uomini’ è quella che dà accesso al pitri-yâna, e la ‘porta degli dei’ è quella che dà accesso al dêva-yâna; esse devono quindi situarsi rispettivamente all’inizio delle due fasi corrispondenti, vale a dire che la prima dev’essere al solstizio d’estate e la seconda al solstizio d’inverno. [...] Infatti, la ‘caverna cosmica’ è qui considerata come il luogo di manifestazione dell’essere : dopo esservisi manifestato in un certo stato, quale per esempio lo stato umano, l’essere, a seconda del grado spirituale cui sarà pervenuto, ne uscirà per l’una o per l’altra delle due porte; in un caso, quello del pitri-yâna, esso dovrà tornare a un altro stato di manifestazione, il che sarà naturalmente rappresentato da un rientro nella ‘caverna cosmica’ così considerata; nell’altro caso invece, quello del dêva-yâna, non c’è più ritorno al mondo manifestato. Così, una delle due porte è tanto un’entrata quanto un’uscita, mentre l’altra è un’uscita definitiva; ma, per quanto concerne l’iniziazione. proprio questa uscita definitiva è lo scopo finale, di modo che l’essere, entrato per la ‘porta degli uomini’, deve uscire, se ha effettivamente raggiunto questo scopo, per la ‘porta degli dei’[...]



Réné Guenon


*I simboli della scienza sacra*














* altro sul Solstizio d'Inverno:






http://www.edicolaweb.net/st000831.htm





http://www.centrostudilaruna.it/evolanatale.html


 


 


 


 


 


 






















martedì 14 dicembre 2004



 


Quando il bambino non ancora nato,
che giace ignoto nell'utero del vento
del nord,
Un giorno sorgerà alla luce vivo
Egli da solo sarà capace di superare tuti gli atti dell'eroismo
Con la sua arte, la sua mano, la forza fisica e spirito,
Lascia che non sia nato per te simile ad un Caso
e non nato come un aborto inutile,
Non come un Agrippa, ma sotto una stella fortunata.*



*ringrazio
Marzia per la traduzione dall'inglese







 


Questa immagine alchemica al di là del significato contestuale da cui è tratta**
suggerisce il profondo dinamismo della vita umana inscritta in noi come intelligenza centrale.



La connessione dell'uomo al cosmo è indicata dai capelli che diventano vento e nubi,
significando che il corpo umano ha un corrispettivo negli elementi naturali.


La dimensione embrionaria ospitata rivela che l'Uomo non è un processo finito ma in continua e perenne trasformazione

L'embrione racchiuso è il principio centrale ispiratore che sempre si rinnova.








**atalanta fugiens


 


 


 








martedì 7 dicembre 2004







 


 


AMETISTA


umiltà,
pace della mente,
compassione,
sobrietà,
rassegnazione,
la gemma della guarigione.






La sua energia purifica il subconscio, accentua l'intuizione.
Equilibria la mente portandola alla coscienza, dona ispirazione.


Calma le passioni e le emozioni violente, pacifica.

Aiuta a superare i momenti di tristezza.E' utile a chi ha subito la perdita di persone amate.
Favorisce il sonno, e il ricordo vivido dei sogni, protegge dagli incubi.

Attenua le tensioni e i dolori, soprattutto quelli collegati alle emicranie, alle ferite, ai gonfiori.
E' utile nella cura delle malattie nervose, delle vie respiratorie e della pelle, Santa Ildegarda consigliava di lavarsi il viso
con l'acqua era stata immersa la pietra.


Purifica il sangue, attenua i disturbi da eccessi dell'alcool, stimola l'ipofisi e il sistema immunitario, stimola la guarigione, protegge gli ambienti e li ricarica energeticamente.


E' utile e protettiva per i terapeuti.












Tenevo un gioiello tra le dita -


e mi addormentai -


Il giorno era tiepido, e i venti monotoni -


Mi dissi:" Durerà" -


 



Mi svegliai e sgridai le mie dita innocenti,


la gemma era sparita -


E adesso, un ricordo di ametista


è tutto ciò che mi resta.


 



E. Dickinson, 1861




 


 


 









venerdì 3 dicembre 2004

 



Lantana bianca


 


La purezza delle cellule non può essere ottenuta se non attraverso la conquista dei desideri;


è la vera condizione per la buona salute.


 


 


 


 


 

mercoledì 24 novembre 2004


 



La vita è breve, l'arte lunga,l'esperienza ingannevole, il giudizio difficile.
Ippocrate



La medicina, nei tempi antichi, era praticata da sciamani e maghi, uomini dotati di poteri divinatori che conoscevano i segreti ancestrali della natura e i sieri medicamentosi per scacciare gli spiriti che causavano le febbri. Ippocrate, nato nel 460 a.C. a Coo, città incastonata in una profonda insenatura della costa anatolica fra le penisole di Alicarnasso e Resadyie, comprese che qualsiasi malattia non è una successione di fenomeni inspiegabili, casuale o senza legge, ma una concatenazione dove ogni fatto fisico ha una sua razionalità in un rapporto causale.
Suo padre, Eracleide, medico anch’egli, insegnò ad Ippocrate le fondamentali dottrine della Scuola di medicina di Coo; Erodico di Cnido tramandò alcune conoscenze persiane ed indiane.
Un’influenza sostanziale, per le opere di Ippocrate, fu determinata dagli antichi filosofi naturalisti ionici, ovvero Talete, Anassimene, Anassimandro; il clima culturale era impregnato di una fiducia incrollabile nella forza intellettuale e impregiudicata volta a dare una chiara spiegazione naturale a ogni fenomeno.
Egli criticò ogni concezione aprioristica (la medicina nel V secolo a.C. era chiusa in un contesto religioso), costruì uno strumento teorico capace di avvalorare le esperienze condotte.
Viaggiò molto: in Egitto, in Libia, in Tracia, insegnò ad Atene e si stabilì in Tessaglia.


Il padre della medicina empirica, appartenente alla stirpe degli asclepiadi, stabilì la Teoria degli Umori, basandosi sul principio pitagorico della divisione tetradica. Secondo Ippocrate, la bile nera prodotta dalla milza genera umidità e malinconia, la bile gialla elaborata dal fegato crea secchezza e collera, il flemma originato dal cervello cagiona freddo e apatia, il sangue che sgorga dal cuore provoca caldo ed emotività.
La salute di un organismo è data dalla proporzione fra questi umori chiamata crasi; se vi è un disequilibrio, cioè discrasia, il medico deve curare il paziente attraverso l’alimentazione, l’ambiente climatico esterno, ovvero facilitare un favorevole e benefico influsso che si instaura fra microcosmo e macrocosmo.


Per Ippocrate l’arte era troppo complessa e la vita ci concede poco tempo per apprendere ciò che costituisce la natura, l’esperienza dei sensi può essere ingannevole e il giudizio è difficile da esprimere: il medico quindi deve cercare di bastare a sé stesso. Quando si presenta un problema estremo, il miglior rimedio è un trattamento estremo. Quando si verificano due dolori contemporaneamente, ma non nello stesso posto il più violento oscura l’altro.


Nel Giuramento di Ippocrate (primo testo deontologico della storia della medicina) sono riportati i doveri che un medico deve rispettare, fra cui il rispetto alla vita, alla dignità del malato, il segreto professionale, il dovere di non far assumere farmaci mortali ai malati terminali (eutanasia) e alle donne incinte (aborto).
Fra i suoi aforismi, che possono avere interpretazioni filosofiche oltreché mediche, ve né uno interessante:" la democrazia produce cittadini sani, la tirannide sudditi malati".
I due figli, e suo genero furono i primi (nella casta sacerdotale) a divulgare i numerosi aforismi.
Morì a Larissa, in Tessaglia, il più importante discendente del dio Aslepio. Era il 370 a.C. e si dipartiva, a tarda età, l’uomo che cambiò il volto dell’arte della guarigione.



dal sito *bilblio.net*


 


 




venerdì 19 novembre 2004

 



 


Per tutti i nati sotto questo cielo,
concepito il bello
nasce il brutto.
Fissato il bene
Prende forma il male.
Allo stesso modo essere e non essere sono correlati,
possibile ed impossibile sono complementari,
grande e piccolo si caratterizzano a vicenda,
l'alto si capovolge nel basso,
suono e rumore si integrano,
prima e dopo si susseguono.
Così l'Uomo Reale permane nel non agire,
insegna senza parlare,
dirige senza comandare.
Conduce allo sviluppo senza appropriarsi,
compie senza fare.
Essenzialmente non risiedendo nei correlativi
partecipa della forza originaria.


 


Tao te Ching


 


 


 

lunedì 15 novembre 2004


 


Dalla medicina popolare i fiori del melograno"rossi come il sangue che scorre nelle vene", erano annoverati come "cardiotonici delle segnature";un 'antichissima prescrizione consigliava di tenere sul costato, per almeno un 'ora al giorno, un rametto di melograno fiorito, ma senza staccarlo dalla pianta, per trarre dal contatto più benefici possibili; inoltre si doveva cambiare ogni volta ramo, per evitare l'esaurirsi della sua misteriosa forza salutare.






Molto interessante è la simbologia del frutto che nell'antichità è legato a dee mediterraneee come la fenicia Astarte, le misteriche Demetra e Persefone, ed è sempre stato allusivo, per i numerosi semi racchiusi nella polpa succosa, di fecondità.


Jean Servier osserva che:" se i sacedoti di Demetra ad Eleusi, gli ierofanti, erano incoronati di di rami di melograno durante i Grandi Misteri, il frutto sacro, che aveva fatto perdere Persefone, era rigorosamente proibito agli iniziati perché simbolo di fecondità e dotato del potere di- far scendere le anime nella carne-".


I Greci e i Romani credevano che i melograni fossero abitati dalle ninfe e li piantavano presso le tombe degli eroi, forse per auspicare una loro copiosa discendenza.






Il Cristianesimo spostò la simbologia del melograno sul piano mistico e spirituale, arricchendola di " rimandi alla copiosità della benedizione divina e dell'amore celeste".


San Giovanni della Croce canta la melagrana come simbolo di dei " più alti misteri divini, i giudizi più profondi e le più sublimi grandezze; i semi alludono alla perfezione divina nei suoi innumerevoli effetti, la rotondità del frutto all'espressione dell'eternità divina, la soavità del succo al godimento dell'anima che ama e conosce. 


 



 



 





venerdì 12 novembre 2004


 



 



 


La Spagyria è l'applicazione dell'Alchimia alla produzione delle Medicine.
Questa tradizione ha le sue radici principali nell'Egitto, dove l'ermetismo fu insegnato nei templi di Memphis e di Thebe, dalle opere di Zosimo di Panopoli (Akhmin 300 d.C.).

In che senso le preparazioni spagyriche sono diverse dalle semplici Tinture?
La Semplice tintura sfrutta la potenza medicinale della pianta solo in parte; la preparazione Spagyrica, invece, "apre" la pianta ed integra vari elementi dopo un processo di separazione e di purificazione. La Spagyria contiene, per esempio, anche i sali minerali, i quali sono estratti dalla pianta durante il processo dell'incinerazione e dalla calcinazione. Questi sali sono in parte solubili in acqua, in parte no, quelli solubili sono anche chiamati nell'Alchimia Sal Salis, quelli non solubili, Caput Mortum; l'esperienza dimostra che i primi hanno un gran valore medicinale.


Per molto tempo la medicina moderna credette che l'azione farmaceutica di certe piante medicinali fosse dovuta solo ad alcuni elementi isolabili, ma negli anni a seguire fu scoperto che dipende soprattutto dal "Sinergismo" di fattori, non tutti conosciuti, né chimicamente precisabili.


La preparazione spagyrica considera importanti i tre "Principi filosofici", il "Mercurio", lo "Zolfo", ed il "Sale", è quindi una preparazione più completa che racchiude il valore medicinale della pianta in modo più integrale. La triade (triplice manifestazione dell'esistente di tutte le cose esistenti) trova la sua espressione Alchemica nei tre principi filosofici detti "Le tre sostanze" che sono considerati la base d'ogni manifestazione.
L'unità della triade è costituita dai tre principi filosofici.



 


 


 

martedì 9 novembre 2004

domenica 7 novembre 2004



 


 



 






 


Sempre inutile, il dolore impoverisce l'uomo. In poco tempo, fa dello spirito più luminoso un essere braccato, ripiegato in se stesso,concentrato sul proprio male,


egoisticamente indifferente a tutto e tutti, costantemente ossessionato dal terrore dei ritorni dolorosi.


Perché nell'uomo che soffre, il dolore sorpassa, nei suoi effetti, il campo in cui viene percepito... si ripercuote a distanza sugli apparati della regolazione nervosa,


dilata la pupilla, modifica la frequenza della respirazione e del polso, mette l'intero individuo in vasocostrizione, regime circolatorio povero che turba rapidamente


tutte le funzioni... Il dolore non è in noi né un riscatto, nè un avvertimento.


 


 





René Leriche *La chirurgie de la douleur*


 


 


 









giovedì 4 novembre 2004



 


Dalle *Metamorfosi* di Ovidio la commovente storia di Ciparisso che per amore chiese agli dei di esser tramutato in cipresso!



Nelle campagne di Cartea, sacro alle ninfe di quel luogo,
viveva un cervo gigantesco, che con le sue corna
smisurate velava d'ombra profonda il suo stesso capo.
D'oro splendevano le corna, e monili di gemme,
appesi al collo tornito, gli scendevano lungo il petto.
Sulla fronte, legata a un laccetto, gli ciondolava
una borchia d'argento, e sin dalla nascita sulle tempie,
pendendo dalle orecchie, luccicavano due perle.
...
Rinunciando all'innata timidezza, senza alcun timore
entrava nelle case di chiunque, porgendo il suo collo,
per farsi accarezzare, anche alle mani degli sconosciuti.
Ma più che ad altri era caro a te, Ciparisso, a te,
il più bello della gente di Ceo. Tu lo menavi a sempre nuovi
pascoli, agli specchi d'acqua delle fonti più pure;
tu fra le corna gli intessevi ghirlande di fiori variopinti
oppure, salendogli in groppa, lo cavalcavi pieno di gioia
qua e là, frenando la sua bocca compiacente con briglie di porpora.
C'era una grand'afa sul far del mezzogiorno; alla vampa del sole
ardevano le curve chele del Cancro che ama le spiagge.
Stanco, il cervo adagiò il suo corpo sul terreno erboso,
godendosi la frescura che gli veniva dall'ombra degli alberi.
E qui, senza volere, Ciparisso lo trafisse con la punta
del giavellotto: come lo vide morente per l'aspra ferita,
decise di lasciarsi morire. Quante parole di conforto
non gli disse Febo, esortandolo a non disperarsi in questo modo
per l'accaduto! Ma lui non smette di gemere e agli dei,
come dono supremo, mendica di poter piangere in eterno.
Così, esangui ormai per quel pianto dirotto,
le sue membra cominciarono a tingersi di verde
e i capelli, che gli spiovevano sulla candida fronte,
a mutarsi in ispida chioma che, sempre più rigida,
svetta, assottigliandosi in cima, verso il cielo trapunto di stelle.
Mandò un gemito il nume e sconsolato disse: "Da me sarai pianto
e tu, accanto a chi soffre, piangerai gli altri".






 


Al di là del simbolismo funerario del cipresso quest'albero anticamente, e ancor oggi in Oriente simboleggia la fertilità probabilmente a causa del suo aspetto fallico.


I Romani, che lo mettevano a guardia dei campi , vigne e giardini, agli sposi donavano priapi intagliati nel suo legno in occasione delle nozze.


Nei racconti mediorientali simboleggiava l'amante, mentre la donna era evocata dalla rosa.


Rappresentava anche l'immortalità per via delle foglie sempreverdi e del legno considerato incorruttibile: di cipresso erano intagliati la freccia di Eros, lo scettro di Zeus e la mazza di Ercole.


Per i Persiani che sostenevano fosse il primo albero del Paradiso rappresentava il fuoco per la sua forma evocatrice della fiamma.


Frutti e foglie contengono un elevato tasso di tannino, olio essenziale da cui i Romani estraevano profumi.


Per il complesso dei suoi costituenti ha soprattutto un'azione vasocostrittrice e protettiva dei capillari.


Stimola la circolazione riducendo i danni dell'insufficienza circolatoria, riequilibra la produzione di sebo, sudore e ristagno dei liquidi. Contiene i dolori mestruali, le cistiti e gli squilibri ovarici. E' inoltre per la sua qualità astingente e antisettica sedativo della tosse, pertosse e bronchite.


La sua azione rapida e diretta al ripristino del benessere è speculare alla sua capacità di stimolare la nostra spiritualità.


Il cipresso ci indica una dimensione silenziosa, trasmettendo concentrazione.


Il suo profumo consola e rasserena l'animo turbato dai dolori e dalle forti emozioni e stimola l'intelletto rendendolo selettivo e pragmatico.


 


 


 













mercoledì 3 novembre 2004

martedì 2 novembre 2004




 


 



 


 


Christian Friedrich Samuel Hahnemann, nato a Meissen, in Germania il 10 aprile 1755 da una modesta famiglia (il padre fa il decoratore di porcellane), grazie ad una buona borsa di studio può frequentare la prestigiosa scuola di Saint Afra a Meissen.


Appassionato di medicina si iscrive a vent'anni all'università di Lipsia. Si paga gli studi insegnando lingue ad un giovane nobile e traducendo opere mediche straniere. Insoddisfatto degli studi, due anni dopo si trasferisce a Vienna per apprendere la pratica clinica. Frequenta l'ospedale di Leopoldstadt diretto dal prof.Quarin, medico dell'imperatrice Maria Teresa.

Hahnemann comincia anche ad essere conosciuto per le pregevoli traduzioni di testi medici. Con i guadagni ottenuti riesce a portare a termine gli studi nell'Università di Erlangen, in Baviera, dove consegue la laurea in medicina il 10 agosto 1779.

E' a Dessau, un centro minerario, dove apre lo studio nel 1781, che conosce Henriette Kuckler, la figliastra del farmacista del luogo. La sposa nel 1787, da lei avrà undici figli. Esercita, come medico condotto, a Gommern, nel Magdeburgo. Più tardi diviene assistente nell'ospedale di Dresda. Ormai affermato si trasferisce a Lipsia. Oltre che alla medicina, si dedica allo studio della filosofia con grande ammirazione pee Kant. Viene nominato membro dell'Accademia delle Scienze di Magonza e della Società Economica di Lipsia. Conosce illustri personaggi quali il clinico Hufeland.

Hahnemann si trova ad esercitare la professione in un secolo nel quale se da un lato imperano i salassi, dall'altro artisti e letterati lanciano strali contro i medici ed i loro modi di applicare la medicina. Dice Voltaire: "Il medico cura, con farmaci che non conosce, un individuo che conosce ancora di meno" , ed anche "Il medico intrattiene il malato, la natura lo cura".

Hahnemann, nonostante il prestigio raggiunto, si sente insoddisfatto. E' critico verso la mentalità medica del tempo e verso se stesso. Rifiuta una medicina che guarda solo ai sintomi e dimentica l'uomo. Così, in preda ad una profonda crisi di coscienza, decide di lasciare la professione. Cade presto in miseria. Conoscendo bene diverse lingue, per mantenere la numerosa famiglia si dedica alle traduzioni. E' il 1790. Mentre traduce la "Materia Medica" di Cullen, noto tratto di clinica medica dell'epoca, ha modo di fare un'interessante osservazione. I lavoratori del chinino, sempre a contatto con l'estratto della corteccia di china, presentano sintomi psicofisici simili a quelli della malaria. Apparentemente paradossale, questo fatto stimola la mente acuta di Hahnemann. Aperto a nuove idee e lontano dall'immobilismo medico dominante, comincia a sperimentare su se stesso gli effetti del chinino. Lo assume in forti dosi, somministrandolo in seguito anche a familiari ed amici in buone condizioni si salute. I risultati sono indubbi. A due ore circa dall'assunzione compare una febbre intermittente con un insieme di sintomi psicofisiche ricordano il quadro della malaria. I sintomi scompaiono in maniera graduale, interrompendo la somministrazione.

Sperimenta nello stesso modo molte altre sostanze arrivando alle medesime conclusioni: un malato si può curare utilizzando la sostanza in grado di indurre gli stessi sintomi, se somministrata in un soggetto sano. Un intuizione geniale. Hahnemann getta le basi della medicina omeopatica, fondata sulla "legge dei simili". E' l'antico principio "similia, similibus, curenter", enunciato da Ippocrate agli albori della storia della medicina.

Solo dopo molti anni di studio, nel 1810, Hahnemann pubblica l'Organon in cui codifica i principi dell'omeopatia. Questa nuova metodologia medica trova fin dalle origini, ostinati oppositori ma anche convinti assertori. Nel 1820 viene fondata la Società dei medici omeopatici. Hahnemann, dopo l'Organon pubblica la Materia medica pura (1820) ed il Trattato sulle malattie croniche (1828).

Nel corso degli anni, per la sua diversa visione della medicina, apprezzato da molti, ma boicottato dall'ufficialità scientifica, è costretto a spostarsi in vari paesi d'Europa, finché si trasferisce a Kothen. Qui nasce il primo Giornale di medicina omeopatica.

Nel tempo molti lutti colpiscono la sua famiglia. Nel 1831 muore la moglie e, prima ancora, quasi tutti i figli. Nel 1834 vive ormai solo, con due figlie: si impegna sempre di più nel lavoro e cerca conforto nella Fede per riuscire a sopportare i tanti dispiaceri.

Nell'ottobre 1834 compare nella sua vita Mélanie d'Hervilly, una giovane francese di origine aristocratica. Ha 34 anni e vive a Parigi.

Mélanie è probabilmente affetta da una pleurite di natura tubercolare. Avendo sentito parlare dell'omeopatia, per curarsi decide di andare proprio alla fonte. Parte, allora per Kothen. Hahnemann, circa 80 anni, la visita accuratamente e promette di guarirla. Il miglioramento inizia dopo poco tempo. Hahnemann s'innamora della paziente e le chiede di sposarlo. Lei accetta. Una volta guarita, Mèlanie sente il dovere di diffondere l'omeopatia in Francia. Propone quindi ad Hahnemann di partire con lei per Parigi dove giungono il 21 giugno 1835. Hahnemann visita ed insegna. In Francia viene fondata la "Società di omeopatia". Nascono anche Il Giornale di medicina omeopatica e Gli Archivi di medicina omeopatica. Cominciano invidie e rancori. L'Accademia di medicina cerca di interdire l'omeopatia ma Guizot, ministro di Luigi Filippo, si oppone.

Hahnemann continua a lavorare per otto anni. Tutte le mattine, dalle otto alle dieci, visita i poveri. Poi riceve i pazienti, che lo raggiungono un po' da tutto il mondo. Molti sono anche celebri: David, Balzac, Paganini, lo scrittore teatrale Legouvé (di cui guarisce la figlia, data ormai per spacciata), il pianista Kalkbrenner, l'attrice americana Anna Cora Mowatt, il barone James Rothschild.

Il 2 luglio 1843, all'età di 88 anni, Hahnemann muore per una broncopolmonite. Sono le cinque di mattina. Lo assistono Mèlanie e Croserio, il suo medico. Il funerale è semplice, come lui desiderava. Viene sepolto al Père Lachaise, il cimitero monumentale di Parigi, dove ora riposa accanto a Mélanie.

 

 

 

 










venerdì 29 ottobre 2004











 


 



 


Penso all'inesorabile marchio di "tristezza" quasi compiaciuta che reca con sé l'Autunno!
E' pur vero che i tappeti di foglie, i colori che lo contraddistinguono, la dolcezza di cui l'aria s'impregna ci inducono ad annoverarlo tra le rappresentazioni più efficaci della Malinconia.
Personalmente lo vivo come un tempo di maturazione: la raccolta dei frutti, ma anche della semina, sempre comunque un tempo di attenzione e cura, poichè in ognuno di noi vi sono periodi di stasi e periodi di fioritura, poichè in ognuno di noi albergano le stagioni e vivamente si manifestano.


 









Il tempo trasforma la natura del mondo,ed è legge che una nuova condizione s'avvicendi sempre alla precedente e impronti di sé l'universo: nulla rimane uguale a se stesso, tutto si trasforma, la natura costringe ogni cosa a modificare e a mutare.
Una cosa si decompone e langue sfinita dal tempo , ma ecco un 'altra ne sorge ed esce dal dispregio.
Così dunque il tempo modifica la natura del mondo e la terra passa da uno stato all'altro, impotente a produrre ciò che prima poteva, ma capace di creare quel che prima non poteva.





Lucrezio *De rerum natura*


 


 


 

giovedì 28 ottobre 2004











 


Prima che il mondo diventasse preda del male e prima che scoppiasse la lotta tra i due Princìpi esisteva uno stato unitario, indifferenziato, "totale". Il dualismo è un destino dell'attuale condizione cosmica e umana. Ma, all'inizio, ab origine, in principio non esiteva conflitto, non esistevano "parti",e così, succederà alla fine; tutto ciò che ora è spezzato e moltiplicato sarà di nuovo totalizzato...unificato


 




Mircea Eliade *Il mito della reintegrazione*


 
















 


Il termine "olismo fu coniato dal filosofo e uomo di stato sudafricano Jan Smuts. Il suo Olismo ed evoluzione - pubblicato nel 1927 - era così avanti per i suoi tempi che gli scienziati lo ignorarono per buona parte del ventesimo secolo. Oggi, nella prima decade del ventunesimo secolo, l'olismo sta riapparendo nella scienza. Al tempo stesso, man mano che l'avanguardia della società sta esplorando un modo di vita più olistico, le scienze empiriche stanno progredendo verso un concetto più olistico della natura, della vita, e della mente. Gli scienziati all'avanguardia nelle loro rispettive discipline stanno scoprendo un nuovo paradigma. Alla luce di quel paradigma il cosmo appare più come un organismo vivente che come una roccia morta; spazio e tempo sono uniti come sua matrice dinamica; la materia sta scomparendo come caratteristica fondamentale della realtà per cedere il passo all'energia; e campi continui stanno sostituendo particelle discrete come fondazioni di un universo immerso in un bagno di energia. La vita è una rete di relazioni connesse che interfacciano e fanno evolvere i suoi elementi. La biosfera si evolve all'interno dell'universo, e la mente e la coscienza si evolvono all'interno della biosfera. La vita e la mente sono parti integrali nella rete della vita che a sua volta è parte integrale dell'universo. Gli esseri umani non sono individui isolati bensì elementi impressi nella più vasta realtà del cosmo.





 


Ervin Laszlo * Introduzione a Olos-il nuovo mondo della scienza*